Ognuno di noi è caratterizzato da una molteplicità di elementi eterogenei dai quali scaturiscono le nostre sofferenze, discontinuità, instabilità, contraddizioni, forze, orientamento ecc, tutte dimensioni duali e come tali, in perenne ricerca di equilibrio. Esse possono essere riconosciute come energie derivanti dal: passato filogenetico, appartenenza alla specie umana, genealogia. Oltre agli elementi del passato, si aggiungono l’insieme di fattori esterni che influenzano direttamente l’individuo sotto l’aspetto biologico, psicologico, culturale. Quindi, un ulteriore ricerca del giusto equilibrio fra sé e l’influsso:
ambientale nel quale nasce, cresce, si sviluppa, prenatale, perinatale nella prima infanzia, adolescenza, adultità, dell’epoca, della propria razza, della propria cultura nazionale, della propria classe sociale, dei gruppi sociali ai quali appartiene o frequenta, della propria mentalità generazionale, delle personalità a lui vicine o modelli ideali verso i quali è attratto.
L’insieme dinamico, le loro mescolanze, l’organizzazione e le varie associazioni fra tutte queste forze, formano la trama della vita di ciascuno di noi. Esse, nelle loro più svariate combinazioni, costituiscono l’infinito repertorio dei nostri ruoli, comportamenti, abitudini che a loro volta si trasformano nelle innumerevoli “maschere” che Roberto Assagioli definisce “subpersonalità” .
La “subpersonalità” è lo strumento che utilizziamo per entrare in relazione con l’altro cosicché ciascun ruolo o “subpersonalità tende a sviluppare uno specifico modo di essere che nel tempo sperimentiamo e forgiamo a più livelli:
- a livello corporeo con specifici stati fisici, tensioni, blocchi, corazze muscolari; tali aspetti sono comunque approfonditi dalla biodinamica, ma anche, per esempio, dalla dentosofia.
- a livello comportamentale con specifici gesti, espressioni facciali, linguaggio verbale e non, le cui radici partono dall’infanzia e che vengono approfondite attraverso lo studio delle fasi dello sviluppo del bambino
- a livello emotivo con certi stati d’animo, reazioni emotive, sentimenti, bisogni ed aspettative
- a livello cognitivo con precise interpretazioni della realtà, idee, pensieri, credenze.
Grazie all’insieme di tutti questi elementi, in quanto attori, siamo in grado di interpretare infiniti personaggi che “ospitiamo” dentro di noi e che si manifestano nelle varie situazioni, interpretando copioni diversi a seconda del contesto in cui viviamo.
È quindi intuibile che nel contesto familiare ricopriremo il ruolo di figlio, padre, madre, zio, zia, marito, moglie ed ognuno di essi si esprimerà in differenti modi; a livello sociale interpreteremo il ruolo dello sportivo, del tifoso, dell’intellettuale; a livello professionale interpreteremo quello del medico, dello psicologo, dello spazzino, del direttore etc.
Se andiamo invece verso una ricerca più profonda, a seconda dell’età, altri attori interpreteranno:
il bambino, l’adolescente, il giovane, l’adulto e l’anziano.
Se invece andassimo ancora più a fondo, troveremo quegli attori che interpreteranno le nostre situazioni psicologiche e caratteriali come: le paure, le tristezze, le ossessioni, le gioie, i dolori, i pregi e i difetti, le devianze, le tendenze ecc.
Spesso dell’infinito numero di attori che possiamo proporre nella scena della quotidianità, usiamo dar voce solo ad un numero limitato di esse, cristallizzando, soffocando, rimuovendo, la maggior parte di esse, relegandole nelle celle dell’indifferenza, della svalutazione, della vergogna della censura e soprattutto compiendo un grosso errore: quello di confondere noi stessi con la subpersonalità.
Ecco quindi che l’”io sono” diventa “io sono la subpersonalità” cioè “io sono malato”, “io sono debole”, “io sono arrabbiato”, “io sono medico” . A causa proprio della confusione fra l’IO e la personalità, si pensi quale atroce sofferenza aspetta chi, per decenni si è identificato con la subpersonalità del “lavoratore”, all’indomani della pensione o della perdita...
Infatti, l’identificazione inflessibile in una o in poche subpersonalità, la mancanza di integrazione fra esse origina un limite: la disarmonia e l’incapacità di autorealizzazione verso la più autentica evoluzione.
Onde evitare che tali subpersonalità siano vissute solo in termini “conflittuali” impedendo la reale evoluzione, il primo passo da fare è quindi quello di imparare a riconoscerle, attraverso un’attenta osservazione che porterà a scoprire anche quelle parti più nascoste di noi, i limiti, i difetti, in pratica l’altra “faccia della medaglia”, le parti “oscure” che releghiamo, talvolta, nelle profondità più buie. Solo con volontà, coraggio, costanza e pazienza riusciamo ad entrare in contatto con esse per poi dargli un nome, capirne la storia, le caratteristiche, e poi, -necessariamente- accoglierle ed integrarle.
Nel lavoro con le subpersonalità è di estrema importanza sapere che ciascuna di esse agisce come un filtro che fa passare solo elementi psichici emotivi e percettivi, coerenti con se stessi; ciò significa che se ci dovessimo identificare radicalmente con la subpersonalità del “perdente” lasceremo entrare tutto ciò che conferma la nostra convinzione dell’essere inadeguato, goffo, sfortunato ecc. interpretando ogni accadimento con questa prospettiva; l’assenza di consapevolezza che essa è solo una nostra parte attrice e non la totalità, ci farà considerare l’intervento di chiunque cerchi di dissuadere l’aspetto del “perdente”, come azione sarcastica, di accusa o mera azione consolatoria nei nostri confronti, confermando l’incapacità di ampliare la nostra prospettiva.
Altro elemento da tenere in considerazione e che si “aggancia” proprio a quest’ultimo concetto è il negare o rifiutare le nostre subpersonalità “negative”: per esempio non vorremmo mai avere a che fare col “bambino capriccioso” con “l’ansioso” o col “giudice severo” che è in noi ma più cerchiamo di negare, eliminare queste parti, più esse si manifestano in maniera prepotente in quanto parte indissolubile di noi. Unica soluzione efficace è: riconoscerle, accoglierle per poi trasformarle.
Il concetto di subpersonalità è talmente importante e evidente che lo possiamo ritrovare, non solo fra i principi di vari pensieri psicologici, come all’interno della Psicosintesi di Roberto Assagioli che vedeva la coscienza come una sorta di "teatro" ma anche in ambito letterario, l’opera di Luigi Pirandello “Uno, nessuno e centomila” o quelle di Alejandro Jodorowsky basate su un approccio espressivo e simbolico attraverso la sua cinematografia e psicomagia oppure ancora, nella cultura indiana nel sottilissimo concetto di “misura” trattato da Arnaud Desjardins in “Al di là dell’Io”.
Lo studio dettagliato ed approfondito delle subpersonalità è fondamentale in quanto ingresso di una dimensione molto importante: un bisogno vitale non soddisfatto, infatti, la subpersonalità si presenta solo se un bisogno del soggetto viene represso o rifiutato. Lo scopo quindi dell’esplorazione e dell’accoglienza consiste proprio nel riconoscimento del vero bisogno, mascherato dalla subpersonalità, ed ecco allora che scopriamo che dietro il “bambino capriccioso” si cela il bisogno di essere visto/ascoltato, nell’”ansioso” quello di esistere o di essere amato, dietro il “giudice”, la perfezione ecc.
Data l’importanza delle subpersonalità, la psicologia ci offre molteplici strumenti per imparare ad esplorare quel mondo.
Una prima fase, è quella della consapevolezza che in maniera semplice ed elementare, ci induce a soffermarci e riconoscere razionalmente i vari “personaggi” in noi che si propongono e che variano a seconda delle occasioni, dei luoghi, delle relazioni ecc; già il fatto di riconoscerli è un grande passo verso una seconda fase che è quella della “disidentificazione” cioè quel fenomeno che ci allena a NON confondere il nostro IO, la nostra essenza, col personaggio del momento: IO non “sono arrabbiato” ma ho rabbia, IO non “sono ammalato” ma ho un organo malato ecc.
Talvolta, comunque, non è così semplice “svelare” le sub-personalità annidate in noi in quanto esistono dei veri e propri personaggi “illusionisti” che spesso ci confondono talmente bene da farci credere di aver finalmente trovato il bandolo della matassa ed invece, ancora una volta, ci mantengono all’interno del “campo gravitazionale” di quell’illusione che guida tutta la nostra vita in maniera talmente forte da convincerci di essere orientati verso il progresso ma in realtà siamo attorcigliati nel solito circolo vizioso che ci riporta sempre al punto di partenza.
Una volta appresa la capacità di riconoscere le varie subpersonalità (allenamento che diverrà sempre più semplice, affinato, leggero e infinito) l’ulteriore fase consterà nella “disidentificazione” dalla subpersonalità, cioè nella capacità di creare una distanza psichica fra l’IO e la subpersonalità. Solo in questa maniera possiamo essere in grado di liberarci da automatismi, abitudini, comportamenti che nel tempo abbiamo adottato nonostante la loro inefficacia rispetto ad altri che potremo adottare in loro sostituzione.
Il frutto di questo lavoro si traduce nella capacità di osservazione senza giudizio di tutti i nostri attori interiori, nel dialogarci e nel metterli -soprattutto- in comunicazione fra loro.
L’autentica disidentificazione ci libera dalle catene psicologiche, favorendo il nostro sviluppo attraverso nuovi atteggiamenti creativi, di benevolenza, di umorismo, di serenità, di compassione.
Attraverso l’esplorazione delle subpersonalità, pian piano si scoprono anche gli opposti delle stesse: davanti alla scoperta dell’io altruista scopriremo l’io egoista, davanti all’io calmo, quello iroso ecc. tanto più sarà forte una subpersonalità, tanto più troveremo una subpersonalità opposta che tende a compensare, equilibrare, con una dinamica simile a quella rappresentabile da una bilancia con due piatti: in un piatto mettiamo una subpersonalità, nell’altro il suo opposto (avendo ormai maturato la certezza che esiste sempre il suo opposto); il fulcro è l’io. L’IO infatti è quell’elemento della nostra struttura composto da pura energia, da pura volontà, non ha nome, è la nostra essenza, è quell’elemento di centralità vera fonte di energia, esso è dinamico in quanto il suo compito è quello di gestire le varie subpersonalità che si manifestano con forze perennemente differenti.
Quando noi parliamo di autodistanziamento o disidentificazione, dobbiamo inserire proprio il concetto di IO. Infatti, laddove andiamo a misurare una distanza, abbiamo bisogno di due punti, in questo caso essi sono la subpersonalità e l’IO. Tanto più la subpersonalità è forte, cristallizzata, tanto più l’IO deve essere forte e controbilanciare. Ecco perché, quando parliamo di IO, introduciamo necessariamente anche il concetto di volontà. Ci vuole volontà per investire energie tali da garantire una dimensione armoniosa fra le varie parti in gioco. Più c’è volontà, più l’IO riesce a gestire le forze eccessivamente sbilancianti.
Quindi, una volta che ci si allena a riconoscere le varie subpersonalità, diventa naturale “presentarsi” alle opposte: se riconosco in me “l’avarizia”, implicitamente sò che esiste sicuramente la “generosità”.
Anche se in maniera flebile, “l’opposto”, è sempre presente e il mio allenamento dovrà essere quello di ri-trovarlo per poi accoglierlo, amplificarlo e rinforzarlo attraverso l’azione di volontà.
È ovvio che maggiore è la forza e l’impersonalizzazione di una subpersonalità, maggiore sarà la difficoltà di riconoscimento e di controbilanciamento. L’inizio di questo lavoro, infatti, non è sempre agevole, perciò è necessario l’allenamento e il rinforzo della volontà (Assagioli diceva che “la volontà è come un muscolo, più la alleni, più si rinforza”) e non sempre il metodo succitato di esplorazione è sufficiente. Per questo motivo esistono anche altre modalità di esplorazione, in questo caso, tecniche incisive come: l’ipnosi, la verbalizzazione autogena, le visualizzazioni specifiche, la meditazione, il dialogo interno, l’analisi dei sogni e dei simboli, gli atti psicomagici i tarocchi ecc.
Seguendo la metodologia della Medicina dell’Essere che accoglie anche il pensiero di Alejandro Jodorowsky, un lavoro profondo ed incisivo sulle subpersonalità può essere fatto interpretando una carta dei tarocchi, nel caso concreto si inizia con la carta che in numerologia viene chiamata della “personalità profonda” ma tale lavoro può essere eseguito con qualsiasi carta del mazzo. In questa maniera, l’immedesimazione nel personaggio o nell’oggetto, farà emergere tutto il potenziale energetico del simbolo/archetipo.
Altra metodologia proposta nel percorso della Medicina dell’Essere e che ci fa giungere a risultati molto incisivi, è la meditazione dell’arcano del tarocco; in questo caso si sceglierà una carta e ci si concentrerà per qualche minuto osservandola in tutte le sue parti, dal globale al particolare e viceversa, per poi chiudere gli occhi e far emergere l’arcano dei suoi significati. In altri termini, l’utilizzo dell’arcano come strumento meditativo, orienta la coscienza verso il profondo, dall’immagine osservata ai contenuti dell’ignoto per far emergere significati attraverso il linguaggio più arcaico e autentico che conosciamo: quello iponoico ed ipobulico.
In conclusione, il concetto di subpersonalità rappresenta un complesso e affascinante mosaico della vita interiore di ciascun individuo, un intreccio di energie, influenze e ruoli che costituiscono la trama della nostra esistenza.
Esse si sviluppano in risposta a una molteplicità di influenze, sia interne che esterne, che plasmano il nostro modo di essere nel mondo, fungono da strumenti attraverso i quali ci relazioniamo con gli altri e interpretiamo la realtà circostante; il lavoro con le subpersonalità offre quindi l'opportunità di liberarsi da limitazioni psicologiche, aprendo nuove strade alla consapevolezza più profonda di sé stessi, a una vita più autentica e all'espressione della propria essenza attraverso una volontà forte e ben orientata.
La psicologia, in sinergia ad altre discipline, converge nell'importanza di questo concetto, confermando la sua rilevanza nell'esplorare il misterioso universo interiore colmo talvolta di illusioni, identificazioni rigide e limiti e nel contempo, ricco di potenzialità creative ed armonia.